Roba minima, s’intend!
di e con Stefano Orlandi
canzoni di Enzo Jannacci | contaminazioni letterarie da Beppe Viola, Franco Loi, Giovanni Testori, Walter Valdi
alla chitarra Massimo Betti | alla fisarmonica Giulia Bertasi
al contrabbasso Stefano Fascioli
scene Maria Spazzi | costumi Federica Ponissi
luci Alessandro Verazzi
immagini Piero Paroletti
Produzione ATIR Teatro Ringhiera
Durata: 1h30′
PRESENTAZIONERASSEGNA STAMPATRAILERMATERIALI SCARICABILI
Lo spettacolo-concerto è un percorso di musica e parole intorno alla figura del cantautore milanese e della Milano che egli ha raccontato nelle canzoni fin dagli anni ’60. La Milano dei quartieri con i suoi mille personaggi stravaganti e surreali: i “pali” dell’Ortica, quello che andava a Rogoredo a “cercare i sò danée”, le balere di periferia dove c’è sempre chi “per un basin” avrebbe dato la vita intera. I sogni e le miserie di chi sta ai margini di una società che corre troppo veloce, incurante degli ultimi. Il boom economico con le sue contraddizioni, con “Vincenzina” che vuol bene alla fabbrica, quello che “prendeva il treno per non essere da meno” e chi davanti a un documento di residenza “gli viene in mente tutta l’infanzia”. C’è chi sogna il Messico perché “tutto si può inventare” e chi insegue una storia d’amore: “roba minima, s’intend, roba de barbun”, e poi c’è chi nonostante tutto ride, e ride di gusto perché “ sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re, al ricco e al cardinale”.
Jannacci è stato sempre dalla parte degli ultimi, dei balordi, li ha cantati con il cuore in gola, nei suoi versi c’è la speranza che non si arrende. Jannacci racconta l’avventura umana attraverso piccole storie di personaggi affamati di fantasia, ma con i piedi ben piantati nel delirio quotidiano della realtà, nelle sue canzoni c’è il mondo visto con gli occhi di un clown; un clown moderno, “allampanato, fulmineo e folle” dove il riso e il sorriso si mescolano con la malinconia dei ricordi, con la tristezza e anche la rabbia per un mondo che non è certo il migliore dei mondi possibili, ma l’abbiamo fatto noi, e in questo mondo ora ci tocca vivere.
Proprio come un clown, Jannacci ha la capacità di stupire, di creare atmosfere poetiche, di inventare incantesimi, di far ridere e piangere allo stesso tempo.
Canzoni comiche e malinconiche, ovvero malin-comiche.
Jannacci è stato sempre dalla parte degli ultimi, dei balordi, li ha cantati con il cuore in gola, nei suoi versi c’è la speranza che non si arrende. Jannacci racconta l’avventura umana attraverso piccole storie di personaggi affamati di fantasia, ma con i piedi ben piantati nel delirio quotidiano della realtà, nelle sue canzoni c’è il mondo visto con gli occhi di un clown; un clown moderno, “allampanato, fulmineo e folle” dove il riso e il sorriso si mescolano con la malinconia dei ricordi, con la tristezza e anche la rabbia per un mondo che non è certo il migliore dei mondi possibili, ma l’abbiamo fatto noi, e in questo mondo ora ci tocca vivere.
Proprio come un clown, Jannacci ha la capacità di stupire, di creare atmosfere poetiche, di inventare incantesimi, di far ridere e piangere allo stesso tempo.
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